“Troppo stupida per essere educata”: Janet Vaughan e la nascita del moderno sistema trasfusionale

Troppo stupida per essere educata Janet Vaughan e la nascita del moderno sistema trasfusionale
Chi è Janet Vaughan? Per la maggior parte di noi è un nome assolutamente sconosciuto, eppure è grazie alla mente analitica, ma anche creativa e capace di anticipare i problemi, di una scienziata come lei che siamo arrivati all’organizzazione dell’attuale sistema trasfusionale basato sulla raccolta e la conservazione del sangue donato.  

Janet Vaughan (1899-1993) è stata fisiologa inglese, esperta in ematologia, e oggi approfittiamo della giornata internazionale della donna per parlare di lei.

L’esperienza con il sapere di Janet Vaughan inizia, in quanto donna e al contrario dei fratelli, con un'istruzione impartita in casa. Solo all’età di quindici anni Janet riesce a entrare in un istituto per sole ragazze. La direttrice della scuola parla di Janet come “troppo stupida per essere educata”, ma Janet non aveva interesse a diventare una moglie colta: questi anni la aiutano ad avvicinarsi alle questioni sociali e alla decisione di divenire medico. Si iscrive successivamente alla facoltà di medicina al Somerville College, un’università femminile di Oxford: l’accesso a medicina non è immediato, ma determinata a inseguire la sua aspirazione riesce a passare al terzo tentativo. Si laurea con il massimo dei voti e prosegue la sua formazione a Londra, conducendo uno studio clinico che le apre la strada nel campo della ricerca sul sangue, passione che la accompagnerà per tutta la vita.

Nel 1925 la morte della madre la costringe a rinunciare al sogno di diventare medico: deve infatti ripiegare sulla patologia clinica per avere il tempo, nel finesettimana, di prendersi cura del padre.  

Dopo qualche anno, il padre si risposa e lei, finalmente libera da impegni famigliari, ottiene una borsa di studio all’Harvard University di Boston. All’epoca le donne scienziate non avevano accesso né ai pazienti, né alla sperimentazione sui topi, ciononostante la sua perseveranza e determinazione sono più forti degli ostacoli e trova il modo di fare importanti scoperte in ambito ematologico facendo ricerca scientifica sui piccioni.

Tornata a Londra alle soglie della Seconda Guerra Mondiale, la Vaughan si mette al lavoro per ideare un sistema trasfusionale in grado di conservare grandi quantità di sangue per più tempo e per usi non immediati, ma successivi: un sistema in cui il sangue fosse a disposizione per supportare i feriti di guerra in caso di un attacco alla città. Riesce così a creare una rete di quattro centri trasfusionali in cui raccogliere preventivamente le donazioni di sangue e, utilizzando le bottiglie di vetro del latte, che poi presero il suo nome, per la sua conservazione. I centri erano dislocati in punti periferici e strategici della città, comodi per rifornire gli ospedali del sangue raccolto. Nel settembre del 1940 iniziano i bombardamenti tedeschi su Londra e, grazie al sistema ideato da Janet Vaughan, gli ospedali cittadini riescono a ricevere prontamente il sangue per i feriti, senza la preoccupazione di dover trovare, nell’emergenza bellica, donatori disponibili. Nella distribuzione del sangue, accetta le richieste di tutti, perché: “ciò di cui gli uomini e le donne hanno bisogno nelle situazioni di emergenza disperata è la rassicurazione. Sono in grado di aspettare se sanno che l’aiuto sta arrivando”.

Nel 1945, torna al College di Somerville per ricoprire il ruolo di direttrice, incarico che le permette di lasciare un’impronta importante nella vita delle studentesse: sotto la sua guida, le allieve del collegio non studiano più per diventare perfette mogli colte, ma per seguire propri obiettivi e aspirazioni.

Janet Vaughan nel corso della sua vita è stata una persona determinata, intraprendente e capace di affrontare positivamente e costruttivamente le difficoltà. Non si è fatta definire da nessun modello di ruolo imposto dalla cultura predominante dell’epoca.   

La sua storia ci invita a non smettere di perseguire i nostri obiettivi, anche quando tutte le condizioni di partenza sono sfavorevoli, come lo era essere una donna scienziata, orfana di madre, nella prima metà del 900: non sempre è possibile imboccare la strada che ci si era prefissati o immaginati, ma nonostante questo, la nostra capacità di adattamento, che ci caratterizza in quanto esseri umani, non deve venir meno. Dal fallimento si possono aprire nuove opportunità oppure nuove strategie da adottare per raggiungere il proprio obiettivo iniziale.  

Oggi è la giornata giusta per ringraziarla e per augurarci di somigliarle, almeno un pochino.

Sitografia

https://www.dpag.ox.ac.uk/women-in-physiology-anatomy-genetics/janet-vaughan
https://www.oxforddnb.com/display/10.1093/ref:odnb/9780198614128.001.0001/odnb-9780198614128-e-42277
https://www.linkedin.com/pulse/janet-vaughan-visionary-we-all-need-know-more-neetu-gupta/

Bibliografia

Mariani G., Mannucci P. M., (2020) Il nostro sangue. Mito, storia e speculazione. Scienza e biotecnologie. Ed. Aracne.
 
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