Non tutto il social vien per nuocere: dalla spinta gentile di una storia su Instagram alla donazione di gruppo degli studenti di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti
Per la seconda intervista della rubrica “Storie di Donatori” ho fatto quattro chiacchiere con Guido Tattoni, Direttore di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, recentemente indicata dal QS World University Rankings® by Subject come la miglior accademia di belle arti italiana e nella top 100 delle università nella classifica mondiale per il settore Art&Design(1).
Quando ho conosciuto Guido Tattoni, che è anche docente di sound art e sound design presso l’Accademia, Milano era ancora in zona rossa, i contagi da Coronavirus continuavano ad aumentare e, di conseguenza, la raccomandazione continuava a essere quella di evitare i luoghi rischiosi come gli ospedali. Ciononostante è riuscito ad avvicinare alla donazione tantissimi studenti dell’Accademia e a coinvolgerli in una donazione di gruppo al Centro Trasfusionale del Policlinico.
Per la giornata che NABA ha dedicato alla donazione di sangue Lei è riuscito a portare al Centro Trasfusionale oltre 30 ragazzi a Milano (e molti altri studenti del campus di NABA a Roma) come ha fatto?
Tutto è nato perché durante una mia donazione ho pubblicato una storia su Instagram; uno studente l’ha vista e mi ha detto: “Ah, prof. vorrei donare anche io, come faccio?”. E io: “Vieni con me… la prossima volta che vado te lo dico”.
Da quel primo scambio informale la voce si è sparsa, è aumentato l’interesse anche da parte di altri studenti e abbiamo deciso di creare un evento ufficiale promosso dall’Accademia: una donazione di sangue con il Direttore. Anche se, per le limitazioni imposte a tutela della salute, quella mattina non abbiamo potuto coinvolgere tutti i candidati donatori contemporaneamente, i miei studenti non finiscono mai di sorprendermi positivamente: come Direttore cerco di avere un rapporto molto diretto con loro, faccio lezione, vado in classe, ho un canale aperto con la consulta e con i rappresentanti: c’è molto dialogo e loro rispondono bene e partecipano.
Mi sembra che la generazione di chi ha vent’anni oggi sia più impegnata socialmente e politicamente rispetto ai loro coetanei della generazione precedente; sono giovani molto più consapevoli di quello che succede attorno a loro e se una causa li appassiona, la fanno propria, si impegnano in prima persona, come hanno fatto rispondendo numerosi all’invito alla donazione.
Gran parte del merito però va al responsabile del nostro Ufficio Student Life, Alessandro Cagnetta, che ha diffuso l’iniziativa e veicolato il messaggio. Student Life è un ufficio particolare di NABA, poco diffuso in altre realtà universitarie, destinato alle relazioni con gli studenti e all’organizzazione delle attività extracurriculari. È molto bello poter offrire questa possibilità ai ragazzi e Alessandro Cagnetta è la persona adatta a questo, ha uno stile informale, non è un docente e quindi con il suo approccio molto aperto e coinvolgente riesce ad arrivare ai ragazzi. Nel giro di un paio di giorni, grazie a lui, abbiamo raccolto tutte le adesioni.
Mi sembra che NABA sia molto sensibile al tema del sociale e sia coinvolta in numerosi progetti di collaborazione con enti, associazioni e istituzioni. C’è un progetto a cui è rimasto particolarmente affezionato?
Tra i tanti, uno dei progetti che mi è piaciuto di più e che è tutt’ora attivo è un progetto di ‘social design’ in collaborazione con MM Spa, destinato agli abitanti delle case popolari del Comune di Milano. In NABA lavoriamo molto anche sul social design cioè una progettazione non tanto di prodotti e di servizi ma un sistema di progettazione che tenga conto di dinamiche interpersonali e di comunità, quel design che deve aiutare a favorire certi comportamenti. Questo non significa manipolare, ma incoraggiare e diffondere quelle pratiche che già esistono nella comunità. Da questa collaborazione con MM Spa è nata la rivista “Pop! Abitare, voce del verbo popolare(2)”, stampata in 30.000 copie, distribuita a tutti gli inquilini delle case popolari del Comune di Milano. In Pop si parla e si scrive di loro, delle associazioni di comunità presenti sul territorio e degli argomenti più sentiti per valorizzare e dare visibilità a quello che di positivo c’è anche in contesti più difficili come, appunto, quelli delle case popolari.
Non solo, abbiamo fatto anche interventi di design delle parti comuni, ad esempio recentemente ci siamo occupati della riprogettazione di un cortile enorme di un complesso a Palmanova in cui vivono 2.500 famiglie, praticamente una cittadina!
Facciamo un passo indietro, torniamo alla sua esperienza di donatore. Lei ha iniziato praticamente alla stessa età dei ragazzi che hanno donato per la prima volta con lei ad aprile. Quale è la sua storia di donatore?
Dono ormai da tanti anni anche se ho iniziato non giovanissimo, attorno ai 25 anni. Dovrei aver fatto quasi 30 donazioni, non tutte quelle possibili perché viaggio molto e sono spessissimo soggetto a sospensioni temporanee. In particolare, per NABA, negli ultimi 5 anni ho viaggiato spesso verso la Cina e il sud-est asiatico e quindi ogni volta che rientro in Italia sono sei mesi di sospensione dalla donazione; anche se cerco di sincronizzare le mie donazioni con i viaggi, non sempre ci riesco.
Non solo donatore di sangue. Lei è molto impegnato anche in altre attività di volontariato, ci racconta qualcosa di queste sue esperienze?
Ho iniziato a fare il volontario sulle ambulanze ben prima di iniziare a donare il sangue. Sono capo servizio in Croce Bianca Milano Centro, proprio vicino al Policlinico. Mi sono avvicinato a questo tipo di volontariato sanitario grazie al servizio militare: a 18 anni, infatti non sapevo ancora bene cosa volessi fare all’Università e quindi, avendo rinviato l’inizio degli studi, ho dovuto fare il militare e sono diventato un vigile del fuoco. Quell’esperienza mi ha appassionato al tema del soccorso e al termine della leva ho deciso di diventare un volontario per la Croce Bianca. Ormai sono lì da più di 20 anni.
Spesso le persone mi chiedono come faccio a trovare il tempo; sembra un’attività assai impegnativa ma, in realtà, come per tutte le attività di volontariato, se si vuole il tempo lo si trova: di fatto io passo una sola serata alla settimana in servizio. Un impegno maggiore è richiesto per il corso di formazione iniziale che dura un anno, ma che è anche bello da seguire perché si fa con dei coetanei e si instaurano nuove amicizie.
In generale, il volontariato è un’importante scuola di vita che ci aiuta a entrare in contatto con quelle situazioni che possiamo immaginare ma che, finché non si vedono, non si pensa che siano reali: situazioni di disagio sociale o di povertà estrema di cui sentiamo parlare tutti i giorni e che all’improvviso si scopre che sono sotto casa, nel palazzo vicino, alla porta a fianco. E quando si toccano con mano le difficoltà che ci potrebbero essere nella vita ci si rende conto di quanto siamo privilegiati e questo spinge a vedere il mondo un po’ diversamente e a provare a restituire qualcosa a chi questo privilegio non l’ha avuto.
C’è un messaggio che vorrebbe lanciare ai ragazzi, sulla donazione di sangue?
Donare il sangue è un piccolo gesto che fa la differenza. Spesso si pensa erroneamente che il sangue serva solo in casi estremi. Invece è qualcosa che serve tutti i giorni negli ospedali e donarlo è un modo per assicurare agli ospedali, ma soprattutto alle persone, qualcosa che non può essere prodotto in laboratorio. Si dona a una persona senza nemmeno conoscerla. È un gesto molto concreto che salva la vita di qualcuno, anche se non sappiamo chi è.
Io sono molto affezionato al Policlinico. Ho sempre donato da voi. Mi trovo bene, il personale ha un suo tratto comune: la gentilezza. Una volta che arrivi al Padiglione Marangoni poi c’è un’atmosfera che viene trasmessa da tutti quelli che lavorano: dal personale dell’accettazione, a chi ti fa il test dell’emoglobina, al personale medico e infermieristico. È un’atmosfera familiare che si sente!
Ci tengo a concludere questa intervista con un ringraziamento a Guido Tattoni per il tempo che mi ha concesso ma soprattutto perchè, se è vero che “la generazione di chi ha vent’anni oggi è più impegnata socialmente e politicamente rispetto ai loro coetanei della generazione precedente”, è anche vero che avere adulti di riferimento i quali, a loro volta, si impegnano attivamente in una causa a cui i giovani si appassionano è un nudge, una spinta da non sottovalutare. In fondo, il ruolo di un docente non è solo quello di trasmettere sapere per formare un bravo professionista ma, riprendendo il sociologo francese Edgar Morin, anche quello di “formare cittadini consapevoli in grado di vivere nella complessità della società attuale”.
[1] https://www.naba.it/it/qs-world-university-rankings-2021-by-subject-naba-e-la-migliore-accademia-di-belle-arti-in-italia-nel-settore-artdesign
[2] https://www.naba.it/it/progetti/pop-abitare-voce-del-verbo- popolare#:~:text=Il%20Progetto,nelle%20loro%20caselle%20di%20posta
NABA, Nuova Accademia di Belle Arti
NABA, Nuova Accademia di Belle Arti è un’Accademia di formazione all’arte e al design: è la più grande Accademia privata italiana e la prima ad aver conseguito, nel 1981, il riconoscimento ufficiale del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). Con i suoi due campus di Milano e Roma, offre corsi di primo e secondo livello nei campi del design, fashion design, grafica e comunicazione, arti multimediali, nuove tecnologie, scenografia e arti visive, per i quali rilascia diplomi accademici equipollenti ai diplomi di laurea universitari. Nata per iniziativa privata a Milano nel 1980 per volontà di Ausonio Zappa, Guido Ballo e Gianni Colombo, ha avuto da sempre l’obiettivo di contestare la rigidità della tradizione accademica e di introdurre visioni e linguaggi più vicini alle pratiche artistiche contemporanee e al sistema dell’arte e delle professioni creative. NABA è stata selezionata da QS World University Rankings® by Subject come la migliore Accademia di Belle Arti italiana e tra le prime 100 istituzioni al mondo in ambito Art&Design, è stata inserita da Domus Magazine tra le 100 migliori scuole di Design e Architettura in Europa, e da Frame tra le 30 migliori scuole postgraduate di Design e Fashion al mondo. www.naba.it
Quando ho conosciuto Guido Tattoni, che è anche docente di sound art e sound design presso l’Accademia, Milano era ancora in zona rossa, i contagi da Coronavirus continuavano ad aumentare e, di conseguenza, la raccomandazione continuava a essere quella di evitare i luoghi rischiosi come gli ospedali. Ciononostante è riuscito ad avvicinare alla donazione tantissimi studenti dell’Accademia e a coinvolgerli in una donazione di gruppo al Centro Trasfusionale del Policlinico.
Per la giornata che NABA ha dedicato alla donazione di sangue Lei è riuscito a portare al Centro Trasfusionale oltre 30 ragazzi a Milano (e molti altri studenti del campus di NABA a Roma) come ha fatto?
Tutto è nato perché durante una mia donazione ho pubblicato una storia su Instagram; uno studente l’ha vista e mi ha detto: “Ah, prof. vorrei donare anche io, come faccio?”. E io: “Vieni con me… la prossima volta che vado te lo dico”.
Da quel primo scambio informale la voce si è sparsa, è aumentato l’interesse anche da parte di altri studenti e abbiamo deciso di creare un evento ufficiale promosso dall’Accademia: una donazione di sangue con il Direttore. Anche se, per le limitazioni imposte a tutela della salute, quella mattina non abbiamo potuto coinvolgere tutti i candidati donatori contemporaneamente, i miei studenti non finiscono mai di sorprendermi positivamente: come Direttore cerco di avere un rapporto molto diretto con loro, faccio lezione, vado in classe, ho un canale aperto con la consulta e con i rappresentanti: c’è molto dialogo e loro rispondono bene e partecipano.
Mi sembra che la generazione di chi ha vent’anni oggi sia più impegnata socialmente e politicamente rispetto ai loro coetanei della generazione precedente; sono giovani molto più consapevoli di quello che succede attorno a loro e se una causa li appassiona, la fanno propria, si impegnano in prima persona, come hanno fatto rispondendo numerosi all’invito alla donazione.
Gran parte del merito però va al responsabile del nostro Ufficio Student Life, Alessandro Cagnetta, che ha diffuso l’iniziativa e veicolato il messaggio. Student Life è un ufficio particolare di NABA, poco diffuso in altre realtà universitarie, destinato alle relazioni con gli studenti e all’organizzazione delle attività extracurriculari. È molto bello poter offrire questa possibilità ai ragazzi e Alessandro Cagnetta è la persona adatta a questo, ha uno stile informale, non è un docente e quindi con il suo approccio molto aperto e coinvolgente riesce ad arrivare ai ragazzi. Nel giro di un paio di giorni, grazie a lui, abbiamo raccolto tutte le adesioni.
Mi sembra che NABA sia molto sensibile al tema del sociale e sia coinvolta in numerosi progetti di collaborazione con enti, associazioni e istituzioni. C’è un progetto a cui è rimasto particolarmente affezionato?
Tra i tanti, uno dei progetti che mi è piaciuto di più e che è tutt’ora attivo è un progetto di ‘social design’ in collaborazione con MM Spa, destinato agli abitanti delle case popolari del Comune di Milano. In NABA lavoriamo molto anche sul social design cioè una progettazione non tanto di prodotti e di servizi ma un sistema di progettazione che tenga conto di dinamiche interpersonali e di comunità, quel design che deve aiutare a favorire certi comportamenti. Questo non significa manipolare, ma incoraggiare e diffondere quelle pratiche che già esistono nella comunità. Da questa collaborazione con MM Spa è nata la rivista “Pop! Abitare, voce del verbo popolare(2)”, stampata in 30.000 copie, distribuita a tutti gli inquilini delle case popolari del Comune di Milano. In Pop si parla e si scrive di loro, delle associazioni di comunità presenti sul territorio e degli argomenti più sentiti per valorizzare e dare visibilità a quello che di positivo c’è anche in contesti più difficili come, appunto, quelli delle case popolari.
Non solo, abbiamo fatto anche interventi di design delle parti comuni, ad esempio recentemente ci siamo occupati della riprogettazione di un cortile enorme di un complesso a Palmanova in cui vivono 2.500 famiglie, praticamente una cittadina!
Facciamo un passo indietro, torniamo alla sua esperienza di donatore. Lei ha iniziato praticamente alla stessa età dei ragazzi che hanno donato per la prima volta con lei ad aprile. Quale è la sua storia di donatore?
Dono ormai da tanti anni anche se ho iniziato non giovanissimo, attorno ai 25 anni. Dovrei aver fatto quasi 30 donazioni, non tutte quelle possibili perché viaggio molto e sono spessissimo soggetto a sospensioni temporanee. In particolare, per NABA, negli ultimi 5 anni ho viaggiato spesso verso la Cina e il sud-est asiatico e quindi ogni volta che rientro in Italia sono sei mesi di sospensione dalla donazione; anche se cerco di sincronizzare le mie donazioni con i viaggi, non sempre ci riesco.
Non solo donatore di sangue. Lei è molto impegnato anche in altre attività di volontariato, ci racconta qualcosa di queste sue esperienze?
Ho iniziato a fare il volontario sulle ambulanze ben prima di iniziare a donare il sangue. Sono capo servizio in Croce Bianca Milano Centro, proprio vicino al Policlinico. Mi sono avvicinato a questo tipo di volontariato sanitario grazie al servizio militare: a 18 anni, infatti non sapevo ancora bene cosa volessi fare all’Università e quindi, avendo rinviato l’inizio degli studi, ho dovuto fare il militare e sono diventato un vigile del fuoco. Quell’esperienza mi ha appassionato al tema del soccorso e al termine della leva ho deciso di diventare un volontario per la Croce Bianca. Ormai sono lì da più di 20 anni.
Spesso le persone mi chiedono come faccio a trovare il tempo; sembra un’attività assai impegnativa ma, in realtà, come per tutte le attività di volontariato, se si vuole il tempo lo si trova: di fatto io passo una sola serata alla settimana in servizio. Un impegno maggiore è richiesto per il corso di formazione iniziale che dura un anno, ma che è anche bello da seguire perché si fa con dei coetanei e si instaurano nuove amicizie.
In generale, il volontariato è un’importante scuola di vita che ci aiuta a entrare in contatto con quelle situazioni che possiamo immaginare ma che, finché non si vedono, non si pensa che siano reali: situazioni di disagio sociale o di povertà estrema di cui sentiamo parlare tutti i giorni e che all’improvviso si scopre che sono sotto casa, nel palazzo vicino, alla porta a fianco. E quando si toccano con mano le difficoltà che ci potrebbero essere nella vita ci si rende conto di quanto siamo privilegiati e questo spinge a vedere il mondo un po’ diversamente e a provare a restituire qualcosa a chi questo privilegio non l’ha avuto.
C’è un messaggio che vorrebbe lanciare ai ragazzi, sulla donazione di sangue?
Donare il sangue è un piccolo gesto che fa la differenza. Spesso si pensa erroneamente che il sangue serva solo in casi estremi. Invece è qualcosa che serve tutti i giorni negli ospedali e donarlo è un modo per assicurare agli ospedali, ma soprattutto alle persone, qualcosa che non può essere prodotto in laboratorio. Si dona a una persona senza nemmeno conoscerla. È un gesto molto concreto che salva la vita di qualcuno, anche se non sappiamo chi è.
Io sono molto affezionato al Policlinico. Ho sempre donato da voi. Mi trovo bene, il personale ha un suo tratto comune: la gentilezza. Una volta che arrivi al Padiglione Marangoni poi c’è un’atmosfera che viene trasmessa da tutti quelli che lavorano: dal personale dell’accettazione, a chi ti fa il test dell’emoglobina, al personale medico e infermieristico. È un’atmosfera familiare che si sente!
Ci tengo a concludere questa intervista con un ringraziamento a Guido Tattoni per il tempo che mi ha concesso ma soprattutto perchè, se è vero che “la generazione di chi ha vent’anni oggi è più impegnata socialmente e politicamente rispetto ai loro coetanei della generazione precedente”, è anche vero che avere adulti di riferimento i quali, a loro volta, si impegnano attivamente in una causa a cui i giovani si appassionano è un nudge, una spinta da non sottovalutare. In fondo, il ruolo di un docente non è solo quello di trasmettere sapere per formare un bravo professionista ma, riprendendo il sociologo francese Edgar Morin, anche quello di “formare cittadini consapevoli in grado di vivere nella complessità della società attuale”.
[1] https://www.naba.it/it/qs-world-university-rankings-2021-by-subject-naba-e-la-migliore-accademia-di-belle-arti-in-italia-nel-settore-artdesign
[2] https://www.naba.it/it/progetti/pop-abitare-voce-del-verbo- popolare#:~:text=Il%20Progetto,nelle%20loro%20caselle%20di%20posta
NABA, Nuova Accademia di Belle Arti
NABA, Nuova Accademia di Belle Arti è un’Accademia di formazione all’arte e al design: è la più grande Accademia privata italiana e la prima ad aver conseguito, nel 1981, il riconoscimento ufficiale del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). Con i suoi due campus di Milano e Roma, offre corsi di primo e secondo livello nei campi del design, fashion design, grafica e comunicazione, arti multimediali, nuove tecnologie, scenografia e arti visive, per i quali rilascia diplomi accademici equipollenti ai diplomi di laurea universitari. Nata per iniziativa privata a Milano nel 1980 per volontà di Ausonio Zappa, Guido Ballo e Gianni Colombo, ha avuto da sempre l’obiettivo di contestare la rigidità della tradizione accademica e di introdurre visioni e linguaggi più vicini alle pratiche artistiche contemporanee e al sistema dell’arte e delle professioni creative. NABA è stata selezionata da QS World University Rankings® by Subject come la migliore Accademia di Belle Arti italiana e tra le prime 100 istituzioni al mondo in ambito Art&Design, è stata inserita da Domus Magazine tra le 100 migliori scuole di Design e Architettura in Europa, e da Frame tra le 30 migliori scuole postgraduate di Design e Fashion al mondo. www.naba.it