Storia di un virus e dei donatori che non si sono arresi
Il 9 marzo 2020 il Governo italiano ‘chiude’ la Lombardia in quarantena dopo che, dal 23 febbraio, alcuni comuni della bassa Lombardia sono stati completamente isolati in seguito allo scoppio di un focolaio epidemico di infezione da Coronavirus-19 (COVID-19).
Milano, come il resto dell’Italia, è sgomenta di fronte a un evento di dimensioni così gigantesche: da un momento all’altro vengono istituite pesanti misure di contenimento che, per molti, congelano impegni e libertà. Gli ammalati iniziano ad affollare gli ospedali dove, oltre alle difficoltà di cura e al rischio del contagio, si teme anche un crollo delle donazioni di sangue.
Le donazioni crollano ovunque, e il 12 marzo il Centro Nazionale Sangue e il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli mandano un appello agli Italiani affinché si rechino a donare il sangue.
Venerdì 13 marzo molti donatori già hanno risposto all’appello. Per favorire il distanziamento, presso il Centro si iniziano ad allestire inconsuete forme di attesa per la donazione.
Sabato 14 marzo è una giornata piovosa, fredda. I donatori si presentano al Centro fin dalle prime ore del mattino e attendono in fila con grande pazienza. Gli operatori e i volontari del Centro fanno il possibile per limitare i disagi, ma l’attesa sarà lunga. È necessario rispettare il distanziamento, attuare la protezione del donatore con mascherina, misurare la temperatura corporea, ecc.
Le attese vengono distribuite su tutti i tre piani del Padiglione Marangoni, nei corridoi, sulle scale, nella sala conferenze. Sono le 12.30 e i donatori continuano ad arrivare, siamo arrivati quasi a 300. È un numero che non si può gestire, non abbiamo più spazi disponibili ad accoglierli; il sangue rischia di non poter essere scomposto e imbancato nei tempi imposti dai criteri di sicurezza e anche le frigoemoteche rischiano di non avere più spazio per conservare le sacche di sangue. A circa un centinaio di donatori viene chiesto di ritornare nelle settimane successive, contando sul fatto che l’emergenza continuerà per molte settimane.
Molti donatori comprendono e accettano molto responsabilmente di ripresentarsi più avanti. Il profondo legame e la fiducia reciproca del Centro Trasfusionale con i suoi donatori si intuisce nei sorrisi sotto le mascherine, nella tranquillità nonostante i disagi. Quel sabato le infermiere e i medici lavoreranno senza tregua fino alle sette di sera, e i tecnici che lavorano le sacche di sangue si fermeranno al lavoro fino a notte inoltrata. Apprezzeremo ancora la grande generosità dei donatori nei giorni a seguire, apprezzeremo lo slancio di tanti donatori che tornano dopo periodi di interruzione, l’iniziativa di tantissimi giovani che hanno deciso di venire a donare il sangue per la prima volta.
Da quel 14 marzo sono trascorsi quasi 3 mesi, e i donatori hanno continuato a venire al Centro per la donazione attraversando una meravigliosa città deserta e silenziosa. Molti, rigorosamente in quarantena, lo hanno fatto nonostante i timori per la propria salute. Molti sono usciti di casa solo per venire a donare il sangue. Molti, pur lavorando, hanno trovato il tempo per la donazione. L’atmosfera è sempre stata composta e serena, i donatori hanno accettato di buon grado il distanziamento, le attese, le visite rapide, hanno indossato la mascherina che è stata loro fornita.
I donatori al Centro hanno anche trovato ascolto, hanno avuto l’occasione di chiarire i propri dubbi con i medici, hanno conversato con le infermiere, hanno scherzato tra di loro durante il ristoro, ritrovando spesso il gusto della convivialità e condivisione che sono mancate in questo periodo.
Il contatto giornaliero con tanti donatori ci ha consentito di avere il polso della situazione. Abbiamo registrato le loro ansie e le loro paure, abbiamo cercato di dissipare i loro dubbi, abbiamo volentieri offerto i nostri consigli. È il caso, ad esempio, dell’aumento di peso che è stato il riscontro più frequente nei donatori, e le raccomandazioni dei medici su come correggerlo non sono certo mancate.
Ma soprattutto abbiamo cercato di rispondere alle numerose domande che ci venivano poste.
Ora è iniziata la fase di graduale riapertura delle attività produttive. La situazione è complessa e assai delicata. Chiediamo a tutti i nostri donatori di mantenere alta la considerazione del gesto della donazione, e di superare le difficoltà con il consueto grande senso di responsabilità e generosità.
Vi aspettiamo, come sempre!!
Alcune delle domande più frequenti
Il virus si trasmette con la donazione?
No, per quelle che sono le conoscenze attuali sappiamo che il virus non si trasmette con il sangue tranne nel caso in cui ci siano i sintomi di malattia. Nessun donatore è stato riscontrato febbrile né affetto da sintomi respiratori, gastrointestinali o dermatologici al momento della donazione.
Posso donare se lavoro a contatto con i pazienti Covid?
No. Il Centro Nazionale Sangue raccomanda la sospensione temporanea, a scopo cautelativo, di tutti coloro che sono particolarmente esposti. La sospensione da 28 giorni ora è stata ridotta a 14.
Si vede dagli esami che mi fate se ho il Coronavirus?
Gli esami di screening della donazione non lo evidenziano.
Quando vengo a donare il sangue mi farete la ricerca degli anticorpi anti-Sars-Cov-2?
Al momento le normative non lo consentono. Bisogna tener presente che gli anticorpi possono dire se si è entrati in contatto con il virus, ma non danno assolutamente garanzia di immunità o sicurezza.
Il nostro Centro effettuerà prossimamente la ricerca di anticorpi nell’ambito di uno studio epidemiologico teso a verificare la presenza di anticorpi nelle varie fasi di Covid-19 nella popolazione dei donatori di sangue dell’Associazione ‘Amici’.
Se mi viene la febbre o la tosse dopo che ho donato cosa devo fare?
Qualunque nuovo sintomo insorto dopo la donazione è bene che venga comunicato, in modo che i medici possano valutare se eliminare l’unità raccolta ed, eventualmente, controllare la salute del paziente che ha ricevuto il sangue.
Io ho avuto l’infezione da Coronavirus in forma leggera. Posso donare il plasma per aiutare gli ammalati?
Il plasma ricavato dalla scomposizione della raccolta di sangue viene congelato e verrà analizzato e, in presenza di anticorpi, le unità con un titolo anticorpale elevato (maggiore di 1:320) verranno destinate alla terapia dei pazienti in ottemperanza con nuovi protocolli clinici controllati.
Milano, come il resto dell’Italia, è sgomenta di fronte a un evento di dimensioni così gigantesche: da un momento all’altro vengono istituite pesanti misure di contenimento che, per molti, congelano impegni e libertà. Gli ammalati iniziano ad affollare gli ospedali dove, oltre alle difficoltà di cura e al rischio del contagio, si teme anche un crollo delle donazioni di sangue.
Le donazioni crollano ovunque, e il 12 marzo il Centro Nazionale Sangue e il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli mandano un appello agli Italiani affinché si rechino a donare il sangue.
Venerdì 13 marzo molti donatori già hanno risposto all’appello. Per favorire il distanziamento, presso il Centro si iniziano ad allestire inconsuete forme di attesa per la donazione.
Sabato 14 marzo è una giornata piovosa, fredda. I donatori si presentano al Centro fin dalle prime ore del mattino e attendono in fila con grande pazienza. Gli operatori e i volontari del Centro fanno il possibile per limitare i disagi, ma l’attesa sarà lunga. È necessario rispettare il distanziamento, attuare la protezione del donatore con mascherina, misurare la temperatura corporea, ecc.
Le attese vengono distribuite su tutti i tre piani del Padiglione Marangoni, nei corridoi, sulle scale, nella sala conferenze. Sono le 12.30 e i donatori continuano ad arrivare, siamo arrivati quasi a 300. È un numero che non si può gestire, non abbiamo più spazi disponibili ad accoglierli; il sangue rischia di non poter essere scomposto e imbancato nei tempi imposti dai criteri di sicurezza e anche le frigoemoteche rischiano di non avere più spazio per conservare le sacche di sangue. A circa un centinaio di donatori viene chiesto di ritornare nelle settimane successive, contando sul fatto che l’emergenza continuerà per molte settimane.
Molti donatori comprendono e accettano molto responsabilmente di ripresentarsi più avanti. Il profondo legame e la fiducia reciproca del Centro Trasfusionale con i suoi donatori si intuisce nei sorrisi sotto le mascherine, nella tranquillità nonostante i disagi. Quel sabato le infermiere e i medici lavoreranno senza tregua fino alle sette di sera, e i tecnici che lavorano le sacche di sangue si fermeranno al lavoro fino a notte inoltrata. Apprezzeremo ancora la grande generosità dei donatori nei giorni a seguire, apprezzeremo lo slancio di tanti donatori che tornano dopo periodi di interruzione, l’iniziativa di tantissimi giovani che hanno deciso di venire a donare il sangue per la prima volta.
Da quel 14 marzo sono trascorsi quasi 3 mesi, e i donatori hanno continuato a venire al Centro per la donazione attraversando una meravigliosa città deserta e silenziosa. Molti, rigorosamente in quarantena, lo hanno fatto nonostante i timori per la propria salute. Molti sono usciti di casa solo per venire a donare il sangue. Molti, pur lavorando, hanno trovato il tempo per la donazione. L’atmosfera è sempre stata composta e serena, i donatori hanno accettato di buon grado il distanziamento, le attese, le visite rapide, hanno indossato la mascherina che è stata loro fornita.
I donatori al Centro hanno anche trovato ascolto, hanno avuto l’occasione di chiarire i propri dubbi con i medici, hanno conversato con le infermiere, hanno scherzato tra di loro durante il ristoro, ritrovando spesso il gusto della convivialità e condivisione che sono mancate in questo periodo.
Il contatto giornaliero con tanti donatori ci ha consentito di avere il polso della situazione. Abbiamo registrato le loro ansie e le loro paure, abbiamo cercato di dissipare i loro dubbi, abbiamo volentieri offerto i nostri consigli. È il caso, ad esempio, dell’aumento di peso che è stato il riscontro più frequente nei donatori, e le raccomandazioni dei medici su come correggerlo non sono certo mancate.
Ma soprattutto abbiamo cercato di rispondere alle numerose domande che ci venivano poste.
Ora è iniziata la fase di graduale riapertura delle attività produttive. La situazione è complessa e assai delicata. Chiediamo a tutti i nostri donatori di mantenere alta la considerazione del gesto della donazione, e di superare le difficoltà con il consueto grande senso di responsabilità e generosità.
Vi aspettiamo, come sempre!!
Alcune delle domande più frequenti
Il virus si trasmette con la donazione?
No, per quelle che sono le conoscenze attuali sappiamo che il virus non si trasmette con il sangue tranne nel caso in cui ci siano i sintomi di malattia. Nessun donatore è stato riscontrato febbrile né affetto da sintomi respiratori, gastrointestinali o dermatologici al momento della donazione.
Posso donare se lavoro a contatto con i pazienti Covid?
No. Il Centro Nazionale Sangue raccomanda la sospensione temporanea, a scopo cautelativo, di tutti coloro che sono particolarmente esposti. La sospensione da 28 giorni ora è stata ridotta a 14.
Si vede dagli esami che mi fate se ho il Coronavirus?
Gli esami di screening della donazione non lo evidenziano.
Quando vengo a donare il sangue mi farete la ricerca degli anticorpi anti-Sars-Cov-2?
Al momento le normative non lo consentono. Bisogna tener presente che gli anticorpi possono dire se si è entrati in contatto con il virus, ma non danno assolutamente garanzia di immunità o sicurezza.
Il nostro Centro effettuerà prossimamente la ricerca di anticorpi nell’ambito di uno studio epidemiologico teso a verificare la presenza di anticorpi nelle varie fasi di Covid-19 nella popolazione dei donatori di sangue dell’Associazione ‘Amici’.
Se mi viene la febbre o la tosse dopo che ho donato cosa devo fare?
Qualunque nuovo sintomo insorto dopo la donazione è bene che venga comunicato, in modo che i medici possano valutare se eliminare l’unità raccolta ed, eventualmente, controllare la salute del paziente che ha ricevuto il sangue.
Io ho avuto l’infezione da Coronavirus in forma leggera. Posso donare il plasma per aiutare gli ammalati?
Il plasma ricavato dalla scomposizione della raccolta di sangue viene congelato e verrà analizzato e, in presenza di anticorpi, le unità con un titolo anticorpale elevato (maggiore di 1:320) verranno destinate alla terapia dei pazienti in ottemperanza con nuovi protocolli clinici controllati.