Trasfusioni e ricerca biomedica: le tante possibilità di salvare vite con la donazione di sangue

Trasfusioni e ricerca biomedica le tante possibilità di salvare vite con la donazione di sangue
foto prati def 400
Il Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano non è solo il luogo, ben noto a tutti i nostri donatori, in cui si raccoglie il sangue e si eseguono i test per garantire la massima sicurezza trasfusionale ma, essendo parte di un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, è anche quello della conoscenza e della ricerca scientifica.

Così, in questi mesi di pandemia, anche l’attenzione dei nostri medici e ricercatori si è rivolta allo studio del Coronavirus e ha portato alla pubblicazione di ben due paper scientifici, l’ultimo dei quali è apparso recentemente sul prestigioso New England Journal of Medicine, una delle più importanti riviste scientifiche di medicina.

Lo studio internazionale, guidato in Italia dal Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano, aveva come obiettivo quello di identificare l’eventuale influenza di fattori genetici nell’insorgenza della malattia da Coronavirus. Condotto su 1980 pazienti colpiti da Covid-19, lo studio ha messo in luce una relazione tra l’appartenenza a un determinato gruppo sanguigno e lo sviluppo di sintomi più o meno gravi.

Abbiamo parlato della ricerca con Daniele Prati, direttore del Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano e leader, insieme a Luca Valenti, del gruppo italiano.

Come è nata l’idea di studiare la relazione tra gruppo sanguigno e gravità dei sintomi manifestati in pazienti affetti da Covid-19?
Non siamo andati fin da subito ad analizzare la relazione tra gruppo sanguigno e sintomatologia da Covid-19 ma, in modo esplorativo, ci siamo chiesti quali fossero le basi genetiche di una diversa risposta al virus di questi pazienti. Per rispondere a questa domanda abbiamo eseguito uno studio di associazione ‘su scala genomica’ (Genome-Wide Association Study, GWAS), ossia uno studio in cui si sequenzia il genoma di tutte le persone coinvolte, identificando circa 8 milioni di geni noti, e si confrontano due gruppi di individui, malati e sani (nel nostro caso, pazienti affetti da Covid-19 ricoverati al Policlinico e i donatori di sangue del Centro Trasfusionale), alla ricerca di quelle variazioni geniche che risultano associate alla malattia nei suoi vari gradi di gravità.
Da questa indagine esplorativa è emersa casualmente un’associazione tra l’appartenenza a un determinato gruppo sanguigno e la progressione della malattia da Sars-CoV-2.
Qualcuno prima di noi aveva già osservato che la distribuzione dei gruppi sanguigni nei pazienti cinesi correlava con la gravità dei sintomi. Noi, però, questa relazione l’abbiamo trovata andando a cercare nel genoma quali, tra tutte le possibili variazioni geniche, risultassero associate alla malattia e abbiamo confermato per la prima volta, in modo sistematico, che il sistema AB0 ha un ruolo nel predire la gravità del decorso clinico.
Ovviamente per poter avviare uno studio di questo tipo abbiamo dovuto ottenere l’approvazione da parte del Comitato etico dell’Ospedale: è infatti fondamentale garantire che l’utilizzo del materiale biologico raccolto sia a scopo di ricerca e, soprattutto, che non sia riconducibile alle generalità della persona a cui appartiene. Non solo, per fare ricerca genetica sono necessari numeri molto elevati di persone così il nostro gruppo, leader per l’Italia, è confluito in un consorzio internazionale di cui fanno parte, oltre all’Italia, anche Spagna, Norvegia e Germania.

Quali risultati avete ottenuto e soprattutto, quali saranno le ricadute pratiche di questa ricerca?
Dallo studio è emerso che ci sono due marcatori genetici maggiormente associati alla progressione della malattia.
Il primo è il sistema AB0, per cui si è visto che il gruppo A è associato a sintomi più severi di malattia, mentre il gruppo 0 è associato a sintomi più lievi.
Il secondo, ancora poco conosciuto, è un gruppo di geni, legato a dei co-recettori del virus nell’epitelio polmonare, che potrebbero, in qualche modo, facilitare il processo infiammatorio nei polmoni.
Un aspetto importante è che, conoscendo la genetica, potremo capire quale è il meccanismo molecolare legato alla malattia e, di conseguenza, capire come interferire con quel meccanismo con la messa a punto di farmaci più efficaci.

Lei e il suo gruppo, in questi mesi, avete pubblicato anche un’altra ricerca, ce ne può parlare?
In questo periodo l’Ospedale Policlinico si è trasformato in ospedale dedicato al Coronavirus: così come i reparti accoglievano malati affetti da Covid-19, noi abbiamo dovuto pensare al loro supporto trasfusionale che è sempre stato garantito grazie al contributo dei donatori dell’Associazione ‘Amici’ i quali, nonostante le difficoltà del momento, non ci hanno mai fatto mancare il loro aiuto. Ma siamo anche riusciti a effettuare interessanti studi che hanno utilizzato campioni biologici conservati nella biobanca, provenienti da questi malati e dai donatori di sangue.
Una biobanca è un deposito che conserva, in condizioni sicure e senza che ne vengano alterate le caratteristiche, campioni come sangue, tessuti, cellule e feci, per poterli recuperare e analizzare in caso di necessità.
In uno di questi studi siamo riusciti a dimostrare che il virus era presente nella zona di Milano ben prima di quello che si credesse. Anche in questo caso in molti pensavano che la circolazione del coronavirus nella nostra area fosse antecedente al 20 febbraio, però nessuno prima di noi lo aveva dimostrato.
Altre ricerche a cui abbiamo partecipato sono quelle che chiariscono il meccanismo delle forme di anemia che i pazienti Covid-19 manifestano durante il ricovero e che peggiorano sempre di più, al punto che ben il 39% di questi pazienti ha ricevuto trasfusioni di globuli rossi.
In questi mesi la biobanca ha funzionato a pienissimo regime e senza l’aiuto dei nostri biologi e tecnici (tra cui vorrei citare Giuseppe La Morte, Francesca Ferrari, Guido Baselli e Luigi Santoro) che hanno lavorato ininterrottamente fermandosi al Centro anche fino alle 3:00 del mattino, non saremmo mai riusciti a portare avanti tutto questo.
Alla fine, il riconoscimento di tanto duro lavoro è arrivato in quanto principali contributori dello studio pubblicato sul New England Journal Of Medicine, la più autorevole tra le riviste specializzate in medicina.

Colpisce la scelta dei donatori di sangue, persone in buona salute monitorate nel tempo, come popolazione di riferimento. Quali peculiari opportunità offre lo studio di questa popolazione?
Chi viene al Centro Trasfusionale, oltre a salvare vite attraverso la donazione del sangue, ha la possibilità di salvare vite anche in un altro modo: aiutando la comunità scientifica a comprendere i meccanismi delle malattie e i modi migliori per contrastarle. A questo scopo, tra i vari consensi che si devono firmare in occasione della donazione di sangue, viene richiesta anche l’autorizzazione a utilizzare per fini di ricerca (rigorosamente approvata dal Comitato etico e ben pianificata) il materiale biologico che avanza nella provetta dopo gli esami di legge e che sarebbe altrimenti scartato. Questo materiale può fornire informazioni incredibili!
Non solo, la ricerca scientifica è vantaggiosa anche per la propria salute, perché quando i donatori vengono coinvolti in ricerche per lo studio di patologie subcliniche, come quelle metaboliche, è possibile identificare chi è portatore di fattori di rischio e aiutarlo a modificare.
Nei miei primi anni di formazione qui al Policlinico, quando il professor Sirchia era il direttore del Centro Trasfusionale, si faceva tanta ricerca biomedica alla quale ho sempre partecipato con grande passione. Adesso che sono tornato come direttore del Centro, dopo aver trascorso un lungo periodo in altri ospedali della regione, sto cercando di portare di nuovo al Centro tanta ricerca perché sono profondamente convinto che solo con una buona ricerca l’assistenza e la cura nei nostri ospedali potranno migliorare.

Per approfondimenti
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2020283
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.05.11.20098442v2
https://www.policlinico.mi.it/news/2020-04-29/1608/covid19-biobanca-alla-ricerca-di-nuove-terapie
https://www.policlinico.mi.it/news/2020-06-18/1704/covid-19-il-gruppo-sanguigno-a-aumenta-la-probabilita-di-avere-sintomi-piu-gravi
https://www.policlinico.mi.it/news/2020-05-20/1660/covid-19-anticorpi-in-1-milanese-su-20-gia-settimane-prima-della-pandemia-la-conferma-in-uno-studio-del-policlinico-di-milano