Infezione da Coronavirus: quali test

Intervista al Prof. Ferruccio Bonino.

Mentre ferve il dibattito su quale sia il test più idoneo per verificare se una persona sia venuta in contatto con il Sars-Cov-2, giunge la notizia dell’approvazione, da parte della Food and Drug Administration, di un test specifico che su un campione di sangue venoso individua la presenza di due tipi di anticorpi: IgM, che compaiono entro i primi giorni dall'infezione, e IgG che compaiono successivamente ma persistono più a lungo. Abbiamo intervistato sull’argomento il professor Ferruccio Bonino, uno dei massimi esperti al mondo di questa materia avendo contribuito alla scoperta del virus dell’epatite Delta, di quello dell’epatite C e del virus dell'epatite B HBeAg difettiva, che molti di voi ricorderanno perché è stato direttore scientifico del Policlinico di Milano.
Dobbiamo premettere che, come avviene in tutte le infezioni, a contatto con un agente infettante (antigene) il nostro organismo reagisce con diversi meccanismi; fra questi utile anche a scopo diagnostico è la produzione di specifiche immunoglobuline (anticorpi). Nel caso del Covid19 l’avvenuta infezione con il Coronavirus può essere individuata ricercando direttamente l’RNA virale nelle secrezioni nasofaringee attraverso il cosiddetto ‘tampone’ o indirettamente ricercando le immunoglobuline presenti nel sangue prodotte in risposta all’infezione (ricerca di anticorpi).

Professor Bonino, sin da tempi non sospetti Lei sostiene l’utilità di eseguire la ricerca di anticorpi per identificare le persone che hanno avuto contatto con il Coronavirus e sui soggetti positivi procedere con il test sul tampone. Perché questa strategia?
L’anticorpo è sinonimo di salute, guarigione e cura. Significa per lo più protezione da una malattia; è ciò che vogliamo assolutamente trovare nel sangue dopo una malattia infettiva o come segno di efficacia di un vaccino. Da tempo gli anticorpi isolati da plasma umano di soggetti guariti sono usati per prevenzione e cura delle malattie. Ad esempio gli anticorpi (gamma globuline umane iperimmuni anti-HBs) anche quando non esistevano gli antivirali permisero di evitare re-infezioni o recidive di malattia nei pazienti trapiantati di fegato per cirrosi epatica e/o epatocarcinoma da epatite cronica B.
Anche per l’infezione da Sars-Cov-2 la Food and Drug Administration, l’ente governativo americano che si occupa della regolamentazione dei prodotti farmaceutici, ha approvato l’utilizzo sui pazienti gravi del plasma anti-Sars-Cov-2 positivo ottenuto da soggetti guariti proprio per l’effetto terapeutico degli anticorpi presenti. Gli anticorpi sono quindi indispensabili nella diagnosi, gestione, cura e prevenzione dell’infezione da Sars-Cov-2.

Quali sono i limiti del tampone e quali i vantaggi dello screening anticorpale?
Anche nel caso della diagnosi d’infezione da Sars-Cov-2, i test anticorpali e la ricerca diretta del virus mediante test dell’acido nucleico (ricerca di RNA virale con tecnica di amplificazione molecolare, o NAT, su campioni biologici quali tampone o saliva o feci), sono obbligatoriamente complementari.
In tutta la diagnostica virologica la ricerca di anticorpi quando disponibile viene usata in prima battuta perfino nella diagnosi di infezioni e malattie in cui il virus sta nel sangue (HIV e HCV), mentre il test NAT viene eseguito in seconda battuta nei casi di positività all’anticorpo. 
Nel caso dell'infezione da Sars-Cov-2, dato l’elevato errore di campionamento del tampone (procedura manuale di prelievo alla cieca nella sede naso-oro-faringea dove si spera ci sia il virus) la sensibilità diagnostica del solo test NAT è bassa (circa 60%) e può essere anche molto meno nei casi con sintomatologia lieve, per lo più gastro-intestinale, in cui il virus è più localizzato in sedi diverse dalle cavità nasali. Combinando con il tampone la ricerca nel siero dell’anticorpo totale anti-Sars-Cov-2 si raggiunge il 95% di sensibilità (dati pubblicati e ripetutamente verificati da chi ha una maggiore esperienza). Chiaramente vanno usati test sensibili per gli anticorpi totali (capaci di identificare tutti i tipi di anticorpo e non solo le IgG più tardive).
In sintesi, la ricerca di anticorpi permette di identificare i soggetti immuni oltre ai contagiati. Se un soggetto risulta positivo alla ricerca di anticorpi anti-Sars-Cov-2 ma è negativo al test su tampone significa che ha contratto il virus ed è guarito e immunizzato. Se invece il tampone è positivo il soggetto è contagioso per gli altri.
Viceversa se il soggetto risulta negativo alla ricerca anticorpale non dovrà sottoporsi al tampone a meno che non abbia sintomi o avuto contatti a rischio di recente; potrà ripetere il test in seguito per assicurarsi di non essersi positivizzato. Studi pubblicati dai colleghi cinesi dimostrano che il 95% dei pazienti sviluppa anticorpi 12 giorni dopo aver contratto l’infezione.

La scelta del test di screening anticorpale da adottare mi sembra assai critica. Quali test oggi disponibili sono da considerarsi idonei?
La reazione antigene-anticorpo alla base di tutti i test diagnostici dipende dai tempi d’incubazione e dall’estensione della superficie di contatto sede di reazione; quindi la riduzione dei tempi di esecuzione e la miniaturizzazione del test riducono la sensibilità diagnostica. Inoltre occorre sapere che tipo di anticorpi misura un test (IgM e/o IgA e/o IgG?).
I test ELISA standard automatizzati, su piastre a 96 pozzetti, sono quelli con migliori sensibilità e specificità diagnostiche.
In aggiunta per i test rapidi è assolutamente sconsigliabile una loro esecuzione sulle gocce di sangue da puntura digitale con ago in quanto chi ha praticato tali procedure sa bene che la goccia di sangue è variabilmente composta da siero o cellule in funzione di come è stata praticata la puntura e schiacciato il polpastrello e quindi è sconsigliabile aggiungere variabili di errore all’uso di un test già di per sé meno sensibile.
Infine, se si determinano gli anticorpi per lo screening dei soggetti già esposti all’infezione occorre utilizzare un test che determini gli anticorpi di tipo IgG che neutralizzano il virus, ovvero diretti contro un antigene della Corona virale (Spike1). Questi tipi di anticorpi sono gli stessi di quelli identificati nei soggetti guariti dell’ampia casistica di Wuhan che non si sono mai reinfettati fino ad ora (per almeno 3 mesi dopo l’infezione primaria). Sono anche gli stessi tipi di anticorpi circolanti nei macachi guariti dopo infezione sperimentale con Sars-Cov-2 e che dopo ripetuta inoculazione orale di elevate cariche virali non si sono più re-infettati o ammalati. 

Che ricadute potrebbe avere l'adozione su larga scala della ricerca di anticorpi?
In primis l’adeguata combinazione dei test anticorpali e NAT in fase diagnostica contribuirebbe a ridurre la diffusione dell’infezione nelle aree a rischio (ospedali, RSA, ospizi) dove invece l’infezione continua a mietere vittime a causa della mancata diagnosi dei casi più pericolosi per la diffusione del virus stesso, quelli con sintomi lievi come: alterazioni o assenza del gusto e/o olfatto, congiuntivite, diarrea, dolori addominali, dolore retrosternale, facile affaticamento, febbre lieve, mal di gola, mal di testa, manifestazioni cutanee sul tronco, raffreddore, respiro corto, stanchezza non giustificata, tosse secca, vomito. L’infezione, se si presta attenzione, causa sempre qualche sintomo e questo non va trascurato senza un’adeguata indagine. 
Inoltre nella fase 2 dell’epidemia come quella attuale la mappatura del personale sanitario, e su campioni di popolazione generale come donatori e dipendenti di industrie, ecc, mediante l’algoritmo suggerito per prima dalla professoressa Maurizia Brunetto (vedi algoritmo), servirebbe per una più rapida, graduale, efficace e sicura ripresa delle attività produttive per fare in modo che dopo questo drammatico ‘pit stop’ il nostro Paese che si è fermato per primo possa ripartire anche per primo con tutti i vantaggi che ne deriverebbero sul piano economico.


Risultare positivi agli anticorpi anti-Sars-Cov-2, ma negativi al tampone, significa quindi che si è contratto il virus e si è immunizzati. Ma per quanto tempo dura l’immunità?
Essendo questa un’infezione virale nuova per l’uomo non sappiamo esattamente quanto tempo durerà l’immunizzazione e per questo andrà monitorata nel tempo ripetendo i test sierologici anticorpali. Solo un vaccino efficace e senza effetti collaterali indesiderati metterà fine al problema Sars-Cov-2 e al momento della disponibilità del vaccino sarà importantissimo sapere quali persone sono ancora immuni con un livello sierico elevato di anticorpi neutralizzanti il virus, che non avranno necessità del vaccino, e quali invece le persone ancora negative suscettibili di infezione da candidare alla vaccinazione.

Intervista di Anna Parravicini

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